In occasione dell’evento organizzato da ANED dal titolo “Pandemie e futuro del sistema sanitario nazionale e mondiale“, svoltosi a Catanzaro, il presidente dell’Istituto Mario Negri, Prof. Giuseppe Remuzzi, è intervenuto sul tema della Sanità in Calabria: «La mia idea è che non dobbiamo più considerare la Calabria come il posto dove c’è la peggiore sanità d’Europa ma cambiare completamente prospettiva e impegnarci affinché la Calabria possa diventare la regione europea della salute. Alla fine è un cambio di prospettiva che è possibile se lo vogliamo tutti».
«Si tratta di una idea che ho già lanciato in un paio di occasioni e mi sembra che sia fattibile» continua il Prof. Remuzzi. «Già adesso avete una persona che ha l’obiettivo di governare tutto il territorio e gli ospedali, di fare attenzione al reclutamento dei medici, all’approvvigionamento dei materiali, a come si fanno le spese a bilancio ma anche quello che si offre dei servizi indipendentemente dal pareggio di bilancio. Secondo me, ci sono i presupposti per fare questo salto ma bisogna convincersi».
«Bisogna che la gente si convinca che per curarsi non debba andare a Milano o in Lombardia, né andare nei gruppi privati che sono lì apposta per avere soldi dalle regioni più povere. Questa è una cosa sbagliata però le persone devono riacquistare fiducia: avete medici meravigliosi calabresi in tutte le parti del mondo. Ce ne sono diversi nel mio ospedale, ce ne sono a New York, ci sono in Inghilterra e in Germania non vedo perché tutti questi non possano impegnarsi insieme per la loro terra. Non dico tornare che sarebbe anche una cosa intelligente ma quanto meno aiutare i giovani a crescere come hanno avuto la possibilità di crescere loro fuori dalla vostra regione e farlo invece qua».
A margine dell’iniziativa ha commentato anche la carenza di medici, un problema esistente non solo in Calabria ma anche nel resto d’Italia: «Questo è un problema antico, io credo di aver scritto 15 anni fa un articolo che diceva: “Attenzione perché tra pochi anni ci mancheranno i medici”. Il numero di accesso alla facoltà di Medicina, secondo me, non dovrebbe essere né chiuso né aperto ma dovrebbe essere il numero di medici che ci servono. Si tratta di improntare una progettualità perché bisogna progettare oggi per quello che ti servirà tra 5 o 6 anni. Si devono far laureare le persone che devono poi essere impiegate nel territorio e nell’ospedale e fare in modo che le persone che si laureano abbiano un accesso libero alle scuole di specializzazione in rapporto alla necessità di specialisti».